26 luglio 2010

RAJA KRISHNA MENON: INTERVISTA ESCLUSIVA


(English text at the bottom)

Raja Krishna Menon è il regista (nonché soggettista, co-sceneggiatore e co-produttore) dell'acclamato Barah Aana, interpretato da Naseeruddin Shah, Vijay Raaz e da Violante Placido. BA è il risultato della collaborazione con la giovane produttrice indipendente Giulia Achilli, ed è stato proiettato al River to River Florence Indian Film Festival 2009 alla presenza del regista. Raja Krishna Menon ha cortesemente acconsentito a rispondere ad alcune domande.

1 - Cosa significa Barah Aana e perché questo titolo?
Significa letteralmente tre quarti di rupia nel vecchio sistema monetario indiano. Ho scelto questo titolo perché ritengo che la vita non sia mai completa, e che questo ci renda tutti uguali, indipendentemente dalla nostra situazione economica o sociale.

2 - Perché il personaggio di Shukla è così silenzioso?
Shukla rappresenta la generazione degli spettatori muti, coloro che credono nel karma e che ciò che deve accadere avverrà. Quindi Shukla funge da metafora per quella generazione.

3 - Naseeruddin Shah e Vijay Raaz sono due attori di enorme talento. Cosa può raccontarci di loro?
Fantastici! Ho sempre desiderato lavorare con loro e non sono rimasto per nulla deluso di averlo fatto.

4 - Lei crede che nel cinema indiano i personaggi femminili stranieri siano rappresentati in modo realistico?
In generale no, ma spero che Kate lo sia...

5 - Nella sceneggiatura originaria era prevista la figura di un personaggio di nazionalità italiana o è stata una scelta successiva?
Il personaggio previsto era europeo e non specificatamente italiano, ma è sempre stato presente nella sceneggiatura. Mumbai ora pullula di stranieri, e gli abitanti stanno ancora cercando di capire chi siano queste persone e perché siano qui.

6 - Perché ha scelto di ingaggiare Violante Placido? Come giudica la sua interpretazione in Barah Aana?
Ho incontrato Viola a Roma, durante le audizioni. A quel tempo non sapevo fosse famosa. Fra tutti gli attori provinati, ho sentito che lei era quella che aveva compreso meglio il personaggio. Nel senso che possedeva una vulnerabilità che mi piaceva, ma anche la forza per essere quel tipo di persona che proverebbe ad iniziare una nuova vita in India. Inoltre lei ama davvero l'India, e lo si vede. Ritengo abbia fatto un ottimo lavoro in BA, soprattutto considerando quanto debba essere stato duro per lei adattarsi ad un nuovo ambiente e a nuove persone.

7 - Conosce il cinema italiano? Ha visto qualche lavoro di Michele Placido?
Amo moltissimo i classici italiani, i capolavori, e di certo alcune delle pellicole più recenti, come Gomorra, Le conseguenze dell'amore, I cento passi, eccetera. Non sono sicuro che questi siano film italiani popolari. Ho visto anche Romanzo criminale, una buona pellicola, ma sfortunatamente non ho visto molti lavori di Michele Placido come attore.

8 - Cosa può raccontarci della sua esperienza professionale a Dharavi? Quali problemi ha dovuto affrontare? Come hanno reagito gli abitanti di Dharavi?
Dharavi è stata la location più eccitante nella quale abbiamo girato. La folla di spettatori - e talvolta le persone presenti erano migliaia - veniva per divertirsi ma ci ha sostenuto molto. Noi eravamo il circo!! Sinceramente parlando, siamo stati molto attenti a non violare le abitazioni e gli spazi, e a rispettare la loro privacy. È stata un'esperienza speciale per tutti noi. Vi racconto un episodio: avevamo richiesto che nessuno, nell'area nella quale stavamo girando, cucinasse o guardasse la televisione per non disturbare le nostre registrazioni sonore. Non eravamo sicuri di come la gente avrebbe reagito, ma sono stati davvero comprensivi. Naturalmente abbiamo organizzato una buona cena per tutti.

9 - Ritiene che Barah Aana abbia efficacemente rappresentato la vita quotidiana a Dharavi?
Sì, assolutamente! Almeno una gran parte. Come ogni società, Dharavi consiste di tipi differenti di persone, ma credo che BA sia del tutto rappresentativo di alcune di loro.

10 - Secondo lei il cinema e la letteratura offrono una versione distorta della realtà degli slum?
Dipende dal film o dal romanzo. E comunque Dharavi non è uno slum, bensì una struttura sociale organica, un luogo dove vivono le persone in difficoltà.

11 - Qual è la percezione che gli abitanti di Mumbai hanno degli slum?
Noi ne abbiamo bisogno ma non vogliamo saperne troppo. Sarebbe difficile vivere con noi stessi se ci ponessimo troppe domande sulle vite degli abitanti degli slum, la vera classe lavoratrice. Lo definisco fare come lo struzzo. A quanto pare lo struzzo, quando è in pericolo, nasconde la testa sotto la sabbia credendo che, se non vede il predatore, nemmeno il predatore possa vedere lui.

12 - Barah Aana è stato proiettato al River to River Florence Indian Film Festival 2009. Cosa ricorda di quella esperienza?
È stato fantastico. La reazione del pubblico è stata positiva, e sono rimasto piuttosto sorpreso dall'apprezzamento degli spettatori italiani. Firenze è una bella città e mi sono divertito molto.

13 - Com'è nata la collaborazione con Giulia Achilli?
Giulia era venuta in India per cercare qualche sceneggiatura, e così ci siamo incontrati. Le è piaciuta la storia che le avevo narrato, e pensava che potesse essere apprezzata anche in Europa. Il suo entusiasmo mi ha aiutato a portare avanti il progetto. Giulia possiede una grande energia, e così abbiamo unito le forze.

14 - Ha in cantiere altre collaborazioni con produttori non indiani?
Sì, ma sono ancora allo stato iniziale.

15 - Il cinema hindi si sta rinnovando di giorno in giorno, offrendo prodotti sempre più interessanti. Chi sono secondo lei i migliori attori e registi indiani, oggi? Quali film consiglierebbe al pubblico italiano?
Vishal Bhardwaj è un regista brillante. Sriram Raghavan. Anurag Kashyap è molto interessante. Quanto al cinema popolare, Rajkumar Hirani. Penso che Maqbool, diretto da Bhardwaj, sia un un film eccezionale. Consiglierei anche Johnny Gaddaar di Raghavan, Munnabhai MBBS di Hirani, Dev D di Kashyap. Credo che in queste pellicole possiate vedere la diversità che esiste nel cinema indiano contemporaneo.

Ringrazio Raja Krishna Menon per la sua gentilezza e disponibilità.


12 marzo 2010

VIJAY LALWANI: LIVE CHAT


Nel corso di una live chat con il regista Vijay Lalwani, organizzata questa mattina da Bollywood Hungama, Aline è riuscita a porre qualche domanda. Ecco la traduzione:

Aline - Come le è venuto in mente di creare Karthik?
Lalwani - Karthik è stato il personaggio principale sin dall'inizio. Volevo un tipo problematico per il film, e così l'ho creato. La sceneggiatura richiedeva che fosse debole, travagliato, eccetera. Gli ho dato vita quando la storia era ancora in lavorazione.

Aline - Cosa le risulta più facile, scrivere una sceneggiatura o dirigere un film?
Lalwani - Scrivere, perché richiede solo la mia opera. Mentre dirigere necessita la coordinazione di moltissime persone, ed io sto ancora imparando.

Aline - Durante la stesura della sceneggiatura o la regia di Karthik calling Karthik ha ricevuto suggerimenti da parte di qualche esperto dell'industria cinematografica?
Lalwani - No, nessun consiglio, anche perché allora non ho avuto la fortuna di incontrare tante persone quante avrei voluto. Ma Rensil D'Silva, mio buon amico, mi ha incoraggiato e sostenuto moltissimo. È stato proprio lui a suggerirmi di dirigere KCK.

20 febbraio 2010

RAJ KAPOOR


Il grande showman del cinema indiano nacque a Peshawar (oggi Pakistan) il 14 dicembre del 1924 da un'illustre famiglia di precoci talenti: il padre era la star cinematografica Prithviraj Kapoor, i fratelli minori  gli attori Shammi e Shashi.
Difficile scindere l'uomo dalla leggenda. Su di lui si è scritto tantissimo, ma quasi tutte le pubblicazioni finiscono per ripetere le stesse parole. La verità è che Raj Kapoor è un fenomeno inspiegabile, una personalità larger than life, una mente brillante e preveggente, oltre che un volto dai lineamenti perfetti e uno sguardo in cui perdersi completamente.

Il regista più venerato del subcontinente, nonostante il suo enorme successo, amava vivere con semplicità, preferiva dormire sul pavimento, non riusciva a frenare i peccati di gola e snobbava gli eventi mondani preferendo il silenzio del suo cottage, rifugio isolato dal mondo dove prendevano vita nuove idee per i suoi film.

Il suo debutto alla regia venne preso poco sul serio dal padre Prithviraj che non lo riteneva ancora all'altezza del progetto, e, sapendolo sprovvisto anche dei mezzi economici necessari, lo invitò a desistere suggerendogli di "non friggere pakora con lo sputo". Ma il suo primo film, con o senza presuntuosi investimenti, venne alla luce. Aag, distribuito nel 1948, fu un successo nonostante la criptica difficoltà (impossibile considerarlo frutto di un inesperto regista emergente). Il film era già un outsider per forma e contenuti, indecifrabile, impegnato, sensuale. Il giovane Raj Kapoor non aveva niente da invidiare ai grandi del tempo, anzi mostrava di possedere delle carte in più e uno spirito in grado di raggiungere il nucleo di ogni cosa. 
La silenziosa quanto incredibile discesa dalla scalinata di Nargis verso l'attore mette in luce quanto la forza degli sguardi e del desiderio abbiano la meglio sull'azione e sulle parole. Raj reinventò pazientemente il linguaggio dell'amore nel cinema indiano e anche i minimi gesti assunsero un'intensità spiazzante. La seduzione e il sentimento non avevano bisogno di essere introdotti in alcun modo, si alleggerirono i dialoghi e nell'evidenza le sensazioni parlavano da sole.

Barsaat, il suo nuovo film, scandito da una colonna sonora meravigliosa, segnò l'inizio della collaborazione con i compositori Shankar & Jaikishan, e consacrò la sua unione in/off screen con l'attrice Nargis. Quando conobbe la sua musa ispiratrice Raj era già sposato e padre del primo figlio Randhir. L'incontro, a cui il regista fece omaggio in una popolare scena del film Bobby, avvenne durante i preparativi di Aag. Raj si recò alla casa di Nargis per convincerla a recitare per lui. La ragazza aprì la porta e con le mani sporche di farina si macchiò i capelli. I due condivisero una relazione per otto anni, vissuta senza troppi sotterfugi e straordinariamente giustificata agli occhi del mondo.

Consigliato dallo sceneggiatore K.A. Abbas, Raj operò un evidente cambio d'immagine, passando da ruoli introversi e drammatici alla malinconica vitalità del vagabondo d'ispirazione chapliniana. Il suo nuovo personaggio indossava la maschera del sognatore naif e difendeva il suo punto di vista, i suoi ideali, davanti ad una società ottusa e corrotta.
Awaara aprì nuovi orizzonti al cinema indiano: per la prima volta una star di Bombay veniva acclamata in Russia e i suoi film diventarono popolari fuori dai confini del subcontinente. Nel 1954, durante il suo primo viaggio a Mosca come rappresentante dell'Indian Film Delegation, ad accoglierlo trovò folle impazzite di ammiratori che commossi intonavano cori di "Awaara Hoon". Nel 1957 il film Jagte Raho vinse l'International Film Festival di Karolvy Vary nell'attuale Repubblica Ceca.

Sulla scìa del successo si avviarono nuove collaborazioni con altri registi pronti a lavorare sotto il marchio RK. Prakash Arora diresse Boot Polish, un capolavoro in miniatura. Raja Nawathe la sfortunata love story Aah, che venne ingiustamente accolta con freddezza dal pubblico: l'assenza di lieto fine e l'amarezza dilagante possono aver reso impopolare questo film, secondo me splendido e sottovalutato.
Il ritorno alla regia di Raj avvenne con Shree 420, continuazione ideale dei temi proposti in Awaara: esaltazione dell'uomo semplice ed onesto in una rappresentazione grottesca dell'alta società priva di coscienza. Sostanzialmente un film sociale (e aggiungerei filosofico ed educativo) ma privo di scontata retorica e ricco di ironia, imbevuto di un ottimismo terapeutico e di un amore che ammutolisce. Senza risparmiare prese in giro alla politica, alla futile ossessione per le apparenze, ai cattivi influssi del dio denaro.

L'allontanamento della sua compagna Nargis, durante le riprese di Chori Chori (1956), segnò un periodo di profonda crisi creativa nel quale Raj Kapoor si limitò a recitare in pellicole di altri, in attesa di ritrovare la giusta ispirazione. La sofferenza lo spinse all'alcolismo e ai disordini alimentari, gli R.K. Studios sembravano vagare nel nulla, e il vuoto ebbe la meglio fino all'uscita di Jis Desh Mein Ganga Behti Hai di Radhu Karmarkar, storia di un uomo ingenuo e di sani principi che si ritrova a vivere in una colonia di banditi. Al suo fianco la star del sud Padmini, personalità briosa ed eccellente ballerina.
La pellicola fu un successo e Raj potè recuperare la fiducia (e i fondi) necessaria per il suo primo film a colori, Sangam, girato tra India ed Europa (Roma, Venezia, la Svizzera, Londra, Parigi), in cui l'attore recitava con Vijayntimala e Rajendra Kumar in un triangolo amoroso e morboso. Il film abbandonava il romanticismo contemplativo che aveva segnato le sue storie precedenti sviluppandosi in una dimensione più terrena, celebrando un rapporto uomo/donna non magico quanto concreto, segnato dal compromesso, dalla fisicità, dalla gelosia e dal sacrificio.

Un filo conduttore sembra legare ognuna delle sue creazioni. La sua carriera autonoma si aprì con Aag, un film dai chiari riferimenti personali e con la presenza di tre eroine (Kamini Kaushal, Nargis, Nigar Sultana), e a chiudere il cerchio sempre tre figure femminili (Simi Garewal, Xenia Ryabinkyna e Padmini) lo accompagnarono nell'ancora più autobiografico Mera Naam Joker.

Altro tema ricorrente: il conflitto generazionale e la difficoltà di comprensione tra padre e figlio, dall'allontanamento del protagonista in Aag, all'abbandono in Awaara, fino alla freddezza emotiva dei genitori milionari nei confronti del tenero Raju in Bobby.
La sua filmografia è costellata di messaggi in codice e gesti frequenti, con riferimenti indubbi alla sua vita privata. Chi ama osservare i dettagli scoprirà che Barsaat, Sangam, Bobby e Mera Naam Joker sono uniti da accenni di una stessa melodia, probabilmente un ricordo della sua storia con Nargis.

Pensare nuovi film, sentirli crescere nella sua mente non era solo un lavoro, nè una vocazione, quanto una ragione d'esistere. La vita ispira i film e in essi viene intrappolata. Ogni emozione autentica, ogni dolore costituivano per Raj Kapoor materiale di studio da includere e sfruttare in qualche scena. Sperimentando i limiti della finzione e della realtà, creava link sentimentali con le sue eroine (arrivando ad innamorarsi anche per ricreare la stessa magia nel film), inscenava discussioni per osservarle nei dettagli e trasportarle dentro la storia. Raj era abituato a partecipare totalmente alle esperienze della vita per modellarne altre, conservava con cura ogni cosa a cui trovava un posto e una nuova espressione nella sua arte.

Anche la musica doveva avere un linguaggio e delle caratteristiche ben precise. Pur non essendo un compositore, Raj Kapoor, dotato di intuito e orecchio, curava in prima persona i lavori dei suoi artisti di fiducia (Shankar & Jaikishan e Laxmikant & Pyarelal in un secondo momento) in modo tale che ogni canzone fosse in grado di toccare interiormente lo spettatore. Il cantante Mukesh divenne la sua voce ufficiale così come Lata Mangeshkar cantò la maggior parte dei brani in cui compariva Nargis (insieme alla sorella Asha Bhosle).

Quando Mera Naam Joker, il suo costosissimo film autobiografico, crollò al box office trascinando gli RK studios in una fase buia, il regista, che fino ad allora non aveva mai subito un insuccesso, decise di non voler più recitare come protagonista. Attese il 1973 prima di tornare dietro la macchina da presa, con un film che lanciava il figlio Rishi e la freschissima Dimple Kapadia, il fenomeno giovanile Bobby. Ancora una volta mostrò che il tocco di Re Mida era capace di trasformare una storia semplice in un autentico trend-setter: i ragazzi volevano vestirsi come Rishi Kapoor, le ragazze iniziarono a legarsi i capelli con un foulard come la protagonista del film.
Seguì Satyam Shivam Sundaram, un esperimento a tutti gli effetti, nel quale l'ossessione per la bellezza e per la ricerca del fascino esteriore (ma ancora di più ... interiore) si fonde con la spiritualità. Dall'ammirazione di Raj per la voce celestiale di Lata Mangeshkar prese vita il personaggio di Rupa. La distribuzione del film fu preceduta da accesi dibattiti con la censura e seguita da una reazione da parte del pubblico disorientato (ma indiscutibilmente incuriosito) dall'alto tasso di erotismo della pellicola.

Prem Rog nacque invece come un low budget movie fino a quando Raj Kapoor non cominciò ad appassionarsene veramente trasformandolo in qualcosa di più elaborato e complesso, coinvolgendo numerose tematiche e capitali sempre maggiori. Probabilmente è il mio preferito della fase creativa post-Nargis: dal climax rumoroso e violento ma pervaso di grazia, la storia mischia evasione a denuncia sociale dipingendo personaggi ai quali è impossibile restare indifferenti.

Espressione di ansie, speranze, fantasie o fughe, le sequenze del sogno (dream sequences) rappresentano sempre un momento speciale, di alto coinvolgimento psicologico e visuale. La più incredibile: "Ghar aaya mera pardesi", dove il paradiso si fonde con l'incubo, dal film Awaara. La più commovente: "O jaanewale", sdoppiamento immaginario della figura di Vidya in Shree 420. La più eccentrica: "Chanchal sheetal nirmal komal", espressione gradiosa dei desideri impossibili di Rupa in Satyam Shivam Sundaram. La più incredibile e colorata: "Mohabbat ki ha cheez", quando immaginare l'amore trasporta in mondi da favola, dal film Prem Rog.

Il suo ultimo lavoro, Ram Teri Ganga Maili, vide come protagonisti il figlio minore Rajiv (somigliante al fratello Shammi) e Mandakini, una giovane debuttante dagli occhi di ghiaccio. La bellissima ragazza si bagna nella cascata coperta di veli, e nonostante stia svelando il proprio corpo, la sua figura resta estranea alla volgarità diventando incarnazione della purezza del Gange. Il suo viaggio, come il corso del fiume, la porterà dalle montagne dell'Himalaya a Benares e Calcutta, unendo le tappe delle sua perdita dell'innocenza all'inquinamento e devastazione del fiume sacro.

Nonostante la sua scomparsa, avvenuta il 2 giugno del 1988, credo che non sarà mai possibile parlare di Raj Kapoor al passato. Chiunque lo abbia conosciuto nei suoi film, qualunque sia stato il percorso attraverso il quale si è interessato ad essi, sentirà il bisogno di immaginarlo sempre vicino.

Piuttosto che lisciare la giacca dei critici con film girati per loro, Raj scelse di condividere con tutti la sua visione. Penso che la grandezza di un regista non stia solo nella tecnica e nella capacità, quanto nella volontà di donare e di donarsi. Realizzare qualcosa che non solo possa essere potente nella sua epoca e tra la sua gente ma che riesca a coinvolgere chiunque anche in situazioni diverse e imprevedibili... una ventisettenne italiana per esempio (io... per esempio ) non ha niente a che fare con il contesto in cui le sue opere sono nate ma da esse viene travolta e le inserisce come parte della sua vita quotidiana. Ogni film sembra essere un dialogo personale con ciascuno di noi
I filosofi greci? Roba datata. Kafka e Kierkegaard? Troppo pessimisti. Se ognuno è libero di scegliersi i propri maestri, il mio è definitivamente Raj Kapoor.


FILMOGRAFIA DA REGISTA

- AAG (1948) ***** 5/5
- BARSAAT (1949) ***** 5/5 leggi la recensione
- AWAARA (1951) ***** 5/5 leggi la recensione
- SHREE 420 (1955) ***** 5/5
- SANGAM (1964) ***** 5/5
- MERA NAAM JOKER (1970) **** 4,5 /5
- BOBBY (1973) ***** 5/5
- SATYAM SHIVAM SUNDARAM (1978) ***** 4,5 / 5 leggi la recensione
- PREM ROG (1982) ***** 5/5 leggi la recensione
- RAM TERI GANGA MAILI (1985) **** 4/5

FILM PRODOTTI DALLA R.K STUDIOS MA DIRETTI DA ALTRI REGISTI:
- AAH (1953)
- BOOT POLISH (1954)
- JAGTE RAHO (1956)
- AB DILLI AUR NAHIN (1957)
- JIS DESH MEIN GANGA BEHTI HAI (1960)
- KAL AAJ AUR KAL (1971)
- DHARAM KARAM (1975)
- BIWI O BIWI (1981)

Leggi anche il PROFILO e la FILMOGRAFIA di Raj Kapoor come ATTORE.

LETTURE CONSIGLIATE

- "Raj Kapoor the Great Showman", di Lata Khubchandani, Rupa & Co, New Delhi, 2003
- "The Kapoors, First Family of Indian Cinema", di Madhu Jain, Penguin Books India, New Delhi, 2009
- "Awaara", di Gayatri Chatterjee, Penguin Books India, New Delhi, 2003.